Salvatore Tripodi, Dalla memoria alla Storia
€ 18,00 IVA inclusa
Libro formato cm 15,50 x 23,50
172 pagine
rilegato in brossura
copertina a colori
Descrizione
Il viaggio tra storia e memoria raccoglie anni di progettazione didattica, cultura e amore per la storia, luoghi della memoria da Torino ai santuari dell’umano dolore, i lager e i campi di sterminio nazisti che l’autore ha raccolto con certosina capacità di fare ordine e chiarezza nei ricordi di una vita di docente anche e soprattutto attraverso la relazione con gli amici, i colleghi, gli studenti. Percorsi didattici ed esperienze educative, la ricerca del metodo storico come sigillo di una esperienza mai elitaria ed accademica ma come prassi propedeutica per un senso civico e civile fondamentali per una comunità democratica sono il mantra di Tripodi, con il suo coraggio, la sua passione e la sua simpatia. Ebbi la fortuna e l’onore nel 2011 di partecipare ad uno dei viaggi del Treno della memoria con Salvatore Tripodi. Da quel momento è iniziata un’amicizia che dura ancora oggi.
Il mito della civiltà contemporanea fa risalire l’inizio del meraviglioso progresso umano alla scoperta dell’agricoltura. Gli uomini avrebbero inventato l’agricoltura per far fronte alla crescita della popolazione e, così facendo, divennero sedentari e costruirono villaggi e poi città… Parlare di storia, alimentare la memoria del passato per comprendere il presente e costruire il futuro è la cifra profonda e saggia del presente volume di Salvatore Tripodi.
Insegnante, cittadino attivo, sindacalista, formatore, viaggiatore e soprattutto amico ha raccolto una vita, la sua, che mai è stata caratterizzata dall’io personale e solitario, ma sempre dal noi plurale e aperto. Tutto parte da un bellissimo titolo che esprime quasi un desiderio che mai potrà essere compiutamente esaudito, “visitare” il passato.
Oltre la polarità ma in una logica nuova di dialogo per spezzare la logica della contrapposizione memoria-oblio, Tripodi con le testimonianze degli eroi della Resistenza nei lager a confronto con le giovani generazioni compie un miracolo civico di restituzione di libertà, democrazia e dignità alla storia, anche nei passaggi tragici del Novecento.
Siamo dunque alla presenza di un racconto di racconti, una raccolta di esperienze e di vite e volti che va ben oltre le distorsioni sempre più accelerate della temporalità, in cui un più radicale ossimoro tra una memoria quella tardo moderna avvertita come “debole” intermittente, svuotata dei suoi contenuti identitari, è disegnata piuttosto sulle superfici effimere di una comunicazione elusiva e per definizione mutante.
Nel volume in maniera forse inconsapevole ma autentica si denuncia e si supera in modo radicale una memoria espansa alla sua massima potenza, pervasiva e debordante come “una virtù ipertrofica” (l’espressione già ricordata all’inizio è dello storico Charles Maier). Essa è realtà oppressa da una tendenza negativa che tende a musealizzare in modo amorale, a perpetuare una pratica commemorativa narcisisticamente compiaciuta e auto indulgente: una tendenza, insomma morbosa alla canonizzazione liturgica della memoria, specie nelle pieghe più tragiche della evoluzione della civiltà umana.
Proprio su un tema in cui il silenzio e la condanna eterna sarebbero i significati teleologici più evidenti nel saggio di Salvatore Tripodi si pone attenzione nei diari di viaggi ad Auschwitz che per tanti anni (scolastici) ha seguito con la passione civica e morale di un maestro, l’ascolto dei giovani e delle loro coscienze. Più ci si allontana da quel tempo e i testimoni diretti scompaiono più difficile è distinguere lo stermino del nazismo da altre aberranti stragi della storia dell’umanità dall’antichità ad oggi. C’è dunque un rifiuto di una perversa industria della memoria, come sembrerebbero provare i numerosi studi e musei dell’Olocausto soprattutto nel mondo americano improntati in taluni casi a una spettacolarizzazione edificante della sofferenza.
Al contrario, nei racconti dei diari e nel confronto durante e dopo il viaggio c’è la consapevolezza di costruire coscienze sagge, critiche e libere di nuovi testimoni che non hanno vissuto ma hanno ascoltato i testimoni di quel tempo e visto le tracce della barbarie umana. Non dunque un “eccesso di memoria” ripiegato patologicamente su se stessa, segno della caduta di un progetto di futuro, un ritirarsi, rassegnato e spento, dall’agire politico, ma un memento, una presa di coscienza profonda, che tocca le viscere dell’essere uomini per il bene e contrapporsi al male che è sempre presente e in potenza ancora in ipotesi devastante come allora.
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