Ezio Marinoni, Il libro e l’affresco di Elva – Hans Clemer e il suo mistero in Val Maira
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Descrizione
Il “segreto” di Hans Clemer a Elva traspare dalle sue opere pittoriche ed è legato a un misterioso libro
“Adriano è un bibliotecario torinese del 2018, da tempo confinato in un lavoro meccanico e un poco alienante, che gli permette un’esistenza dignitosa: pochi amici, sopite o dimenticate le aspirazioni giovanili di studioso e scrittore.
Rolando è un chierico dell’inizio del secolo XI, giovane e fresco di studi: anch’egli costretto in un luogo e una funzione (quella di pievano nel piccolo villaggio di Monforte, dove la Langa ‘scivola’ verso l’Appennino ligure) non all’altezza del suo intelletto acuto e inquieto.
Qualcosa (un libro, un incontro, forse il Destino) all’improvviso riavvia le loro esistenze, li mette in ricerca e li mette in contatto, attraverso il tempo e lo spazio. È su questo gioco di specchi e di rimandi tra due personaggi così lontani (e allo stesso tempo così vicini: perché i sentimenti degli uomini, in fondo, non conoscono sviluppo cronologico, a differenza delle strutture storiche in cui prendono forma e da cui sono costretti) che Ezio Marinoni costruisce la trama di un romanzo che vibra di passioni, quasi scosse telluriche che il lettore non può non avvertire.”
Dalla presentazione di Francesco Cissello, dottore di ricerca in scienze storiche, Università di Torino
Antonio Rocco LABANCA –
Recensione di Luca Guglielmino
“Il libro e l’affresco di Elva” di Ezio Marinoni, Ed. Mille,2019 è in parte un romanzo storico e in parte un romanzo biografico. Si compone di quadretti di vita alternati tra attualità e antichità, tra presente e passato, come tante piastrelle bicolori di ceramica, alternate.
Propone riflessioni profonde di ordine morale, etico e religioso e la trama storico -personale serve solo per introdurre argomenti fondamentali per l’esistenza umana. Sono tematiche da sempre attuali come bene, male, magia, fede, vita, morte… È il testo di chi cerca Dio.
Fede in Dio e ricerca della conoscenza non sono concetti contraddittori. Lo diventano quando la conoscenza viene usata per orgoglio, superbia e vanità, ossia quando è finalizzata ad altri scopi che nulla hanno a che vedere con la ricerca del mistero divino.
Le idee sono un mondo ben descritto nel Fedro e nella Repubblica di Platone: l’iperuranio è solo metafisico e quindi spirituale. Noi potremmo dire, abbozzando una spiegazione, che è il Paradiso, dove la Mente di Dio ha in serbo tutti i progetti, i disegni e i piani, riguardanti gli uomini.
Le idee perfette, o archetipi, possono essere causa delle cose (aitìa), le cose possono essere copie oggettive di perfezione ereditata dalle idee (mimesi) o possono queste partecipare dell’esistenza delle cose (metessi) e infine sono parusia in quanto sono presenti nelle cose e ne rappresentano l’essenza. Tutto in positivo quindi. Ma le idee soggettive o perfette, nel mondo delle cose, danno pure origine alle idee oggettive o umane. Se qui s’introduce Satana, le idee diventano specularmente negative e cattive. Ecco perché occorre fare attenzione in ciò che si trasmette agli altri, soprattutto nei momenti di entusiasmo; se si vuole formare e trasmettere civiltà con la cultura e con gli scritti, occorre sapere bene di tramandare qualcosa di positivo e il più possibile perfetto. Così che l’anima può venire ammaestrata o traviata a seconda che chi parla sia un mezzo divino o diabolico.
Fede e magia (Atti 19/18), non concordano: infatti abbracciando la fede cristiana molti bruciarono i libri di magia; il libro del comando sarebbe uno di questi. In Piemonte esso si ritiene scritto dal demonio in persona ed è un testo di magia nera atto a lanciare malefici e fatture; è in rapporto con le masche o streghe sia nelle valli occitane che in quelle franco-provenzali e piemontesi. Era possibile averlo assieme a un talismano e i mediatori di tale transazione erano i settimini; questi talvolta erano dotati, secondo la superstizione popolare, di poteri guaritorî. Tradizioni magiche si potevano poi trovare nelle zone collinari come Monferrato e Langa o nel Canavese.
La lotta si sviluppa quindi tra luce e tenebre, bene e male, ma occorre fare attenzione a non essere manichei. Esiste infatti un Purgatorio e cioè una possibilità che implica certamente il pentimento per il male compiuto e che è passaggio verso il Paradiso dopo la purificazione.
Il risveglio delle anime stanche è un compito gravoso della Chiesa. Riforme come quelle di S, Gregorio Magno dottore della Chiesa che tra l’altro riunì nuovamente Milano e Ravenna a Roma, così come la riforma dell’XI secolo in cui la Chiesa divenne autonoma dal potere temporale (epoca di Gregorio VII): altra riforma fu quella di Innocenzo III che sostenne francescani e domenicani contro il clero corrotto. Ciò fa considerare il Medioevo in positivo e non solo per tali riforme ma anche per lo sviluppo del monachesimo che consentì la trasmissione della cultura classica oltre che di quella storica (cronache).
A questo si lega la questione delle reliquie che di certo non sono tutte autentiche. S. Elena fu una grande “collezionista” se così possiamo dire, di reliquie, alcune false a causa di abili truffatori; alcune reliquie vennero sottratte come quelle di S. Marco, la maggioranza è vera, come dimostra la S. Sindone. Ogni altare possedeva (si usa l’imperfetto perché ora la maggior parte degli antichi altari è stata sradicata e le nuove tavole non hanno reliquie) un piccolo pezzo della S. Croce che divisa in piccole scaglie, si trovava quasi dappertutto.
Riguardo alla Maddalena, i Vangeli ci dicono che si trovava sotto la Croce con Maria Madre di Gesù e con Maria di Cleofa e poi con le mirofore al S. Sepolcro. Nel Medioevo divenne una Santa molto venerata ed eroica per le sue virtù femminili diffuse pure dai vangeli apocrifi.
Ezio Marinoni introduce quindi con questo libro una selva di argomenti interessanti dedicati a una cultura ormai di nicchia ma raffinata e veramente intellettuale, che esula dalla cafoneria spesso ostentata di tablet, smartphone e via dicendo, di cui sovente si fa cattivo uso.
Si pone domande che ognuno dovrebbe porsi:
“Perché si nasce e si muore?”
“La vita è casuale o ha un destino tracciato?”
“Cosa ci aspetta dopo morti?”
“Dove eravamo prima di nascere?”
Monforte è un caso di persecuzione ante-litteram.
La domanda da porsi è questa: “Chi erano gli eretici di Monforte?”.
Certamente non erano Catari, perché nei testi di Rodolfo il Glabro e Landolfo Seniore, storici dell’evento, non compare tale denominazione. Era quasi certamente un’eresia anche manichea ma non solo tale; potevano essere patarini o meglio pelagiani.
Come sempre in tutte le eresie medievali, s’intrecciano interessi civili e materiali con interessi religiosi; non a caso sono le milizie di Asti, comune in espansione, molto ricco e potente, che hanno ragione dei monfortesi. Eriberto, vescovo di Milano, ha interesse a risolvere il problema. Di certo Manforte aveva una visione particolare del Cristianesimo e quindi costituiva una comunità eterodossa su un territorio poco popolato.
Rodolfo il Glabro ci parla di “castrum…in gente Longobardorum”. Costui fu cronologicamente, il più vicino agli eventi e pare descrivere una comunità non assimilata al resto degli abitanti della regione. I Longobardi dapprima erano stati pagani e poi ariani e infine cattolici, anche se molti, anche tra i nobili, rimasero ariani. Se così fosse Manforte, in quanto ariana, era monofisita e negava la divinità di Cristo, considerandolo solo un uomo, con tutte le conseguenze del caso. Difficile, quindi, pensare a un mix (anche se non impossibile) con pelagiani e patarini. (I pelagiani addebitavano il peccato originale solo ad Adamo ed Eva dicendo che non ricadeva sull’uomo; erano vegani, propugnatori di castità assoluta e della comunione dei beni e forse praticavano l’eutanasia).
A Milano i maggiorenti locali, infastiditi dalla presenza e dalla predicazione dei monfortesi, vinti ma liberi, “Heriberto nolente”, li costrinsero a scegliere tra conversione e patibolo. Fu un caso in cui il potere laico prevalse su quello religioso e ricorse alle maniere forti perché temeva le conseguenze sociali di tale predicazione.
Così avvenne per la crociata contro gli albigesi in cui prevalsero gli interessi centralismi di Parigi e dei re o per la lotta contro i bogomili che investì gli interessi dei re di Bosnia.
Berta è una “comitissa” (Landolfo Seniore) con ruolo predominante nella comunità monfortese anche perché Eriberto, cercando di convertire “la setta”, le conferisce un ruolo preminente. Il Gabotto sostiene che si tratti di Berta vedova di Gerardo da Calliano (conte) e madre di Gerardo, suo terzogenito, l’eretico che incontra nel 1030, Eriberto.
Nella società medievale una donna a capo di una setta eretica era malvista soprattutto per le ripercussioni sociali cui tale evento poteva dare origine.
È comunque curioso notare che nell’alto e medio medioevo la donna, nel caso in cui il marito partisse per una campagna militare, acquisisse pieni poteri decisionali in tutte le materie della castellania, così se rimaneva vedova e non si risposava o se si risposava ereditando talvolta altri titoli, riusciva a mantenere una certa autonomia sulle proprie terre; abbiamo i casi di Matilde di Canossa e di Adelaide di Susa ad esempio, non le uniche e nel campo religioso molte Sante di rilevanza eccezionale come Chiara o Rita.
Secondo la teologia paolina occorre essere “nel mondo ma non del mondo” e la sapienza perché sia tale deve riconoscere Dio creatore perché senza una fede in Dio, Padre, Figlio e spirito Santo è follia pura che non porta al bene ma serve l’Anticristo.
La conoscenza, che fa seguito alla ricerca della Verità, si pone sempre con umiltà ed è la chiave per capire vita e morte di cui non si ha paura, perché passaggio ad altra vita onde arrivare a Dio.
E tale retaggio antico “del passaggio” ad altra vita, è rimasto, almeno fino agli anni ’90 del XX secolo, nelle nostre valli quando dopo aver seppellito il parente o l’amico, si va a mangiare e bere per indicare non solo il passaggio alla vita eterna ma anche la gioia per il ricongiungimento al Creatore, per cui la morte malefica è vinta dalla redenzione a nuova vita.
Il fatto che l’Anticristo s’infiltri dappertutto è dimostrato dalla figura di Eriberto d’Orleans, che con la sua favella, propagandando una fede eterodossa, fa presa sulla gente semplice, dedita al lavoro della terra, esposta a fame, carestie e ingiustizie.
Le parole suggerite dall’Anticristo sono belle e suadenti (pensiamo a quando Satana tenta Gesù nel deserto) ma non vengono da Dio. Se poi l’Anticristo s’infiltrava nel potere civile e nella Chiesa, le iniziative di tali poteri sono altrettanto diaboliche.
Il “Libro della luce e del comando” spiega come vincere il male grazie alla luce e senza intermediari terreni, in diretto colloquio con Dio. (cit, p.141). intanto è anche un libro di magia nera che pecca di un’evidente superbia, poiché quando gli intermediari sono sinceri, questi sono mezzi che Dio ci offre per poter raggiungerlo, ad esempio con i Sacramenti. Del resto basta vedere come la “Scala del Paradiso” di S. Giovanni Climaco, riferita al monachesimo orientale e alla salita del monaco al Paradiso su 30 scalini (dalla nascita di Cristo all’inizio della sua predicazione) ci faccia vedere come intermediari angeli e demoni che possono condurre al bene o al male, così come la scala di Giacobbe di S. Giovanni Crisostomo o di Gregorio di Nazianzo che propugnano un miglioramento individuale che non può avvenire senza intermediari terreni, che conducono a quelli spirituali e poi alla santità o perfezione assoluta.
Va comunque considerato che eresia e magia fino al XIV secolo non erano considerate assieme e questo avvenne con un decreto di papa Giovanni XXII. (Bolla- Super illius specula -del 1326).
Qualche parola, infine, su Hans Clemer, pittore fiammingo che affrescò le pareti della chiesa di Elva alla fine del XV secolo, inizio del XVI, provenendo da Aix-en-Provence. È pittura che fa parte di cicli tardo gotici, fioriti un po’ ovunque.
In Valsusa, ad esempio, sono noti e coevi, il maestro di Jouvenceaux (S. Antonio), quello di Ramats e Les Arnauds o quello di S. Stefano di Giaglione leggermente precedente che ci parlano anche di scambi culturali tra i due versanti delle Alpi, non dimenticando che il Delfinato arrivava fin oltre Chiomonte. Se poi andiamo all’opposto delle Alpi, in Istria, coevi, abbiamo la danza macabra di Giovanni da Castua, S. Maria delle Lastre a Vermo (Beram) vicino a Pisino, opera di Vincenzo da Castua (opere in genere volte a fini didattici).
Un’ultima preziosa e logica riflessione del Marinoni è la seguente: “il benessere ci ha resi ciechi ai moti dell’anima e dell’inconscio che dalla religione e dai confessori sono stati demandati a psicologi e psichiatri”.
Il suo libro è scritto proprio per riemergere dallo stadio ebete in cui ci ha confinati un benessere fasullo che guarda solo alla materia escludendo totalmente lo spirito.
Torino, 14 aprile 2022