di Pier Giusseppe Accornero
150 anni fa
«L’insigne Uomo ha dato alla fede cattolica un’alta testimonianza con la convinzione vissuta del credente e con il sommo magistero letterario dell’incomparabile artista». Lo scrive Paolo VI nella lettera del 14 aprile 1973 al cardinale arcivescovo di Milano Giovanni Colombo nel primo centenario della morte di Alessandro Manzoni. Il 6 gennaio 1873, al termine della Messa, lo scrittore esce dalla chiesa San Fedele a Milano, scivola e cade. Ha 88 anni. Le sue condizioni peggiorano rapidamente. Il 22 maggio muore e al suo funerale partecipano le più alte cariche dello Stato. Nell’anniversario, dopo un anno, Giuseppe Verdi dirige la «Missa da requiem» in suo onore.
L’avvicinamento di Manzoni alla fede cattolica è determinato da un drammatico episodio. Dopo il matrimonio, in rito calvinista, con Enrichetta Blondel, figlia di un banchiere svizzero, sono a Parigi per le nozze di Napoleone e Maria Luisa D’Austria, avvenute nel castello Saint-Cloud il 1º aprile 1810: l’esplosione dei mortaretti getta nel panico la folla causando dei morti: lo scrittore perde di vista la moglie. In preda all’angoscia, entra nella chiesa San Rocco, dove il suo animo si placa in un’improvvisa requie. Riprende le ricerche della consorte e la rintraccia. In quel 1810 celebrano il matrimonio in rito cattolico e la moglie ripudia il Calvinismo.
In «Osservazioni sulla morale cattolica» (1819) approfondisce il tema religioso e argomenta che non può esistere che un’arte portatrice del buono e dell’utile, se non è illuminata dalla verità e dalla poesia. Con spirito evangelico, egli guarda più in basso che in alto, più alla fede che alla mondanità e al potere. «Osservazioni» è un trattato apologetico in difesa della morale cattolica dalle accuse de «La storia delle Repubbliche italiane del Medioevo» (1807) di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi secondo cui la morale cattolica è causa di corruzione. Ai calvinisti replica: la corruzione dei costumi non deriva dalla morale cattolica genuina, santa e ragionata, ma dalle trasgressioni, dalla non conoscenza e dalle interpretazioni alla rovescia.
La morale e la Provvidenza
La prima edizione de «I promessi sposi» è del 1825-27: lo scrittore predilige i personaggi umili; il tema centrale è la Divina Provvidenza; Renzo e Lucia la interpretano in modo quasi infantile: i buoni saranno premiati e i malvagi puniti. Manzoni invece sostiene che virtù e felicità coincidono solo alla fine dei tempi quando i virtuosi saranno premiati e i malvagi puniti. Nella sua visione la Provvidenza infligge sventure e sofferenze anche ai giusti e la sventura lo porta alla maturazione e a una profonda consapevolezza, colpito da numerosi lutti – moglie, madre, alcuni dei figli – e dalla cattiva condotta dei figli maschi.
Scrive Paolo VI: «Di fronte all’illuminismo razionalistico prospetta con “Osservazioni” una visione teologica della vita umana e afferma l’inscindibilità del fatto morale con quello dottrinale. Di fronte al laicismo sostiene negli “Inni sacri” (1812-22) i valori del culto cattolico e la partecipazione del popolo alle feste. In mezzo alle guerre celebra il soccorso della fede con le composizioni liriche sul Risorgimento italiano e sul declino napoleonico. La letteratura è strettamente congiunta alla vita e alla verità religiosa. Per questo ripropone nel Seicento i ricorrenti problemi che l’uomo incontra nelle diverse età. I “Promessi Sposi” sono il naturale sbocco di questa meditazione sull’esistenza, vivono in uno spazio sociale e spirituale senza confini, non circoscritto alle terre e alle generazioni di uomini».«I personaggi sono di casa e si adattano alla città e alla campagna lombarda. Tutti i personaggi assurgono a figure di perenne eloquenza: il cardinale Federigo Borromeo è legato al veneratissimo San Carlo; padre Cristoforo contrasta i potenti e sembra lo sconfitto; i protagonisti devono lasciare il paesello dopo l’”addio ai monti”. Carestia, disordini e peste richiamano situazioni che si ripetono nella storia». Sono, per Paolo VI, «pagine semplici e sublimi dell’immortale romanzo». Questo «è il grandissimo merito che ha avuto riproponendo il significato più profondo dell’umana esistenza». Nella predica di padre Felice nel lazzaretto «c’è un Cristianesimo puro e semplice, una verità sofferta tra una popolazione di derelitti. Pensiamo al cammino del mondo che ha bisogno della Croce che apra il cammino e sia di guida». In Manzoni non ci sono zone morte o pagine di ripiego, «un richiamo continuo e insistente alle leggi umane, alle leggi divine, alle leggi della Chiesa». Sulle orme di Verdi, Paolo VI definisce il romanzo «una consolazione per l’umanità».
Un “cristiano contro”
Attorno a Roma e a Rosmini, Manzoni si considera «cristiano contro». Per lui non può che essere Roma la capitale dell’Italia unificata dai Savoia, anche se questo comporta la fine del potere temporale dei Papi. Per Manzoni fede e libertà, cattolicesimo e patriottismo non sono in contraddizione con la Chiesa: liberandosi del potere temporale, essa può dedicarsi alla sua missione di salvezza, come sostenne il cardinale Giovanni Battista Montini in un famoso discorso in Campidoglio prima dell’inizio del Concilio Vaticano II nell’ottobre 1962: definì la fine de potere temporale «provvidenziale». Il senatore Manzoni, nel Parlamento italiano a Torino, vota a favore di Roma capitale del Regno. Egli trova un’affinità elettiva con l’integerrimo sacerdote Antonio Rosmini Serbati, il più grande filosofo e teologo italiano dell’Ottocento, fondatore dell’Istituto della Carità e delle Figlie della Provvidenza, simpatizzante della liberazione nazionale. Lo conosce nel 1826, un’amicizia che dura alla morte di Rosmini nel 1855. È un autore pericoloso perché due sue opere – «Delle cinque piaghe della Santa Chiesa» (1848) e «Costituzione civile secondo la giustizia sociale» (1849) – e «quaranta proposizioni» sono condannate e messe all’«Indice». È riabilitato dopo quasi due secoli con la beatificazione nel 2007. Manzoni considera Rosmini «una delle sei o sette intelligenze che più onorano l’umanità» e indica nella trama degli eventi umani l’azione della Provvidenza di Dio per il bene dei suoi figli.
Segnaliamo: